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«La mia Bagnoli»
Rinascita del dolce sobborgo
Morte del dolce sobborgo
Anche tu,
mio dolce sobborgo,
in passato proteso
fra resse d'alberi
vibranti nel sole,
faconde di voli d'uccelli;
anche tu, già proteso
verso le grandi terrazze
aperte sul tuo mare cantante,
paurosamente invecchi...
Peggio anzi direi,
che tu sia decrepito
o mio dolce sobborgo...
Ecco: ti trovi ormai chiuso
fra non scrollabili pareti
di duro, freddo cemento,
erette a sbarrare
ostili ad avido occhio,
i lampeggianti campi del mare,
le criniere, corse da brividi,
delle mutilate colline.
Sembri,
stretto nei disumani confini,
come inchiodato,
per fatale sventura,
in una tristissima
bara.
Questa poesia fu scritta da Claudio Allori, a Bagnoli, nell'estate del 1955.
Come ho ricordato in un intervento precedente, il poeta si chiamava, in realtà, Vittorio Marchitiello e, insomma... era bagnolese.
Il contenuto è triste: sarà perché i poeti lo sono per natura, oppure perché negli anni Cinquanta Bagnoli era realmente così? Cosa ci racconta Allori in questi versi? L'inizio ci narra di una Bagnoli ricca di vegetazione, di uccelli, con grandi terrazze protese sul mare, ma che inesorabilmente invecchia, anzi diventa decrepita a causa dell'avvento dell'edilizia con i suoi palazzi di duro, freddo cemento, che coprono ormai la visuale del mare e delle colline, esse stesse mutilate.
Al colmo del pessimismo, Allori descrive Bagnoli stretta come se fosse in una
bara.
Pubblico questa lirica soprattutto perché è l'unico documento poetico che io conosca dedicato al nostro "dolce sobborgo", ma quanto sconforto c'è in essa!
Uno sconforto probabilmente da ascriversi non solo alla profonda malinconia tipica di molti poeti, ma anche alla sdegnata constatazione degli effetti deleteri dell'espansione urbanistica. Siamo nel 1955: cosa fu costruito in quel periodo?
Negli anni Ottanta conobbi alcuni familiari di Vittorio Marchitiello: abitavano (non so se vivano ancora lì) in una di quelle villette di via Amedeo Maiuri.
Una volta letta la poesia, avevo ipotizzato che qualcuno avesse eretto
dei palazzi nella zona di via Miseno, via Giusso, via di Pozzuoli eccetera, impedendo così alla famiglia Allori la vista del mare di cui godeva prima. In tal caso sarebbe stato anche un po' egoistico da parte del poeta condannare l'edilizia solo perché non beneficiava più del panorama! E, del resto, se il povero Leopardi era costretto a farsi una notevole scarpinata sul Monte Tabor per bearsi dell'Infinito, Allori avrebbe potuto benissimo raggiungere le nostre collinette per ammirare il Tirreno!
Ma ho poi appurato, grazie a un amico che ha vissuto a Bagnoli dal 1938 al 1951, che le case al di là della Cumana in quegli anni c'erano già.
Quindi è ammissibile pensare che il malumore di Claudio Allori sia da attribuirsi sic et simpliciter al susseguirsi di costruzioni, tipico di quel periodo. D'altronde la guerra era finita solo da un decennio ed era più che lecito ricostruire ciò che s'era perduto, nonostante l'inquietudine dell'animo eletto del poeta. Ma agli artisti si perdona tutto.
Ho pochissime notizie su Claudio Allori, se non alcuni libri che acquistai o che mi furono regalati dalla sua famiglia.
Per reperire maggiori informazioni forse ci potrebbero aiutare i tanti amici con i capelli bianchi che vedo sempre seduti nel Viale: sono le nostre memorie storiche e chissà quante cose avrebbero da raccontarci se solo trovassimo il tempo di ascoltarli e,
soprattutto, se lasciassimo da parte la timidezza.
Oggi Bagnoli si può definire completa per quanto riguarda l'edilizia, nel senso che mi pare impossibile che si trovino ancora aree edificabili, almeno nel centro. Non vedo duro cemento, né tanto meno "bare", ma solo palazzi esteticamente gradevoli, alcuni dei quali arricchiti da un sapore di antico.
Anche le palazzine dell'Ina Casa (costruite proprio negli anni Cinquanta) hanno il loro fascino, soprattutto da quando il Comune ha deciso di dipingerle con colori sgargianti per far sì che a colpo d'occhio, da lontano, possano apparire come una seconda Portofino.
Sento sempre più spesso, da parte di conoscenti che vivono in altre zone di
Napoli, lodi sperticate su Bagnoli per la sua bellezza naturale, per l'efficienza dei servizi, per le varie iniziative (dobbiamo ad Antonio Di Dio l'ultima, encomiabile idea di raccogliere gli oli esausti), per il silenzio, per l'aria salubre. E queste lodi, se da un lato ci gonfiano legittimamente il petto d'orgoglio, dall'altro siano uno stimolo per migliorare costantemente e con amore il nostro "dolce sobborgo".
Samlet
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